Per parlare delle elezioni regionali nelle Marche c’è stato chi ha scomodato l’Ohio, lo Stato Usa che gli analisti prendono come indicatore dell’esito complessivo delle presidenziali americane. Il candidato dato avanti nei sondaggi in Ohio sarà realisticamente il vincitore della tornata elettorale. Lo Stato del Midwest è ben rappresentativo della demografia (etnica e socioeconomica) complessiva degli Stati Uniti, ma soprattutto è una sorta di ‘zona grigia’ in cui Democratici e Repubblicani competono per accaparrarsi il voto dei cittadini.
Quest’ultimo punto coglie l’attuale situazione nelle Marche, a meno di due giorni dal voto che si terrà domenica e lunedì. In questa regione ci sono province come Fermo e Ascoli tradizionalmente più vicine alla destra e poi c’è una provincia più affine alla sinistra come quella di Pesaro (non a caso Matteo Ricci, l’europarlamentare dem che sfiderà il governatore e ‘fratello d’Italia’ Francesco Acquaroli, è stato primo cittadino proprio della città capoluogo). E poi ci sono le zone attorno ad Ancona e Macerata, meno schierate, dove non a caso ha battuto la campagna elettorale degli ultimi giorni.
Ma partiamo dai sondaggi. I dati disponibili prima del silenzio elettorale danno il presidente uscente intorno al 51%, mentre lo sfidante si colloca intorno al 47%: «Una differenza di pochi punti percentuali non rappresenta una garanzia», spiega Giorgio De Carlo, fondatore e Ceo dell’istituto di ricerca Quaeris. È quello che, per stare negli Stati Uniti, gli americani chiamano «too close to call: un margine troppo ridotto per stabilire con certezza chi può vincere». E sicuramente il massiccio impegno profuso in prima persona dai leader della maggioranza al governo dice qualcosa: per Acquaroli non sarà una passeggiata di salute.
«È la partita elettorale più incerta», conferma Giovanni Diamanti, presidente di YouTrend. E allora ecco spiegate le continue incursioni di Meloni, Tajani e Salvini sul territorio, tra comizi e annunci come gli investimenti in infrastrutture e l’inserimento delle Marche nella Zes (la ‘Zona Economica Speciale’ con meno tasse e meno burocrazia per le imprese). «Non abbiamo informazioni specifiche sul fatto che abbiano mosso le intenzioni di voto dell’elettorato – afferma Diamanti –, ma è indubbio il lavorio del Governo per supportare Acquaroli. E il Governo, in quanto tale, ha degli asset e dei vantaggi che gli avversari non possono sfruttare».
Ma non è solo l’impegno davanti ai riflettori che potrebbe portare acqua al mulino del candidato di Fratelli d’Italia (lo stesso che, sotto quegli stessi riflettori, appare in ombra rispetto ai leader di centrodestra). Perché tra i temi più sentiti dall’elettorato (e decisivi per l’esito delle elezioni) ci sono, dice De Carlo, «sanità e lavoro». E se sul primo Acquaroli ha avuto gioco facile nello scaricare le responsabilità alla precedente amministrazione di centrosinistra, sul secondo le motivazioni sono più radicate e storicamente riportano alla caduta economica della regione avvenuta dagli anni Novanta con le delocalizzazioni. Delocalizzazioni come quella della turca Beko di Comunanza (AP) che Meloni avrebbe scongiurato forte del suo personale rapporto con il presidente turco Erdogan.
E la sinistra allora? La campagna fino a questi giorni è stata imperniata sui tre temi della sanità, delle infrastrutture e del lavoro. Ma, anche sulla spinta delle manifestazioni che si sono tenute a inizio settimana in tutta Italia, la guerra tra Israele e Palestina è (metaforicamente) arrivata anche nelle Marche. Stando ai sondaggi nove italiani su dieci sarebbero a favore della soluzione dei due Stati: e allora se da una parte Meloni apre al riconoscimento della Palestina a livello nazionale (pur sulla base di alcune condizioni), Ricci lo fa a livello regionale, annunciandolo come primo atto della sua Giunta. Ad azzoppare la candidatura di quest’ultimo c’è stata la data in cui sono state convocate le urne: per un ‘esule’ a Bruxelles tornare e sfidare il governatore in carica significa progettare la campagna elettorale con cura, per potersi far ri-conoscere dalla gente.
E invece le Marche saranno la prima regione al voto (assieme alla Valle d’Aosta). «La data non aiuta – dice Diamanti –: votare a fine settembre significa fare campagna elettorale in estate. Per questo la strategia di Ricci è stata quella di andare nelle spiagge e nelle montagne appenniniche, muovendosi a piedi, in bici e in barca». «Il fatto che Ricci sia un ‘esule’ è stato inizialmente una limitazione per la sua candidatura, ma dato che i contendenti sono essenzialmente due la sfida si è polarizzata tra i rispettivi partiti e coalizioni», aggiunge De Carlo. Peraltro, sottolinea quest’ultimo, «il premio di maggioranza al Consiglio regionale è consistente: anche con scarti piccolissimi il vincitore avrà margine di manovra e questo spiega perché il centrosinistra ha cercato di stringere alleanze ampie».
Sull’altro versante della contesa, invece, Meloni avrebbe dato prova di saper intercettare il malessere di una parte di elettorato prima che questo deflagrasse. Si sa che il cittadino deluso è più propenso a non recarsi alle urne, in quello che viene definito ‘astensionismo protestatario’ o che, meno prosasticamente, può essere riassunto in ‘se la politica non si interessa a me, io non mi interesso alla politica’. Ecco allora servito un ultimo dato: gli elettori sicuri di andare a votare sarebbero il 49%. Lo spazio per l’astensionismo è ampio, ma chissà se il lavoro di Meloni dietro le quinte (oltre a quello sotto ai riflettori) non possa aver smosso quella fetta di elettorato che cercherà una motivazione per presentarsi alle urne domenica e lunedì.

