Per Dionysis Alevras, il Global IT Security Manager di uno dei principali player globali delle materie prime plastiche, la minaccia più grande non sono IA o supercomputer, ma le persone. E al centro della strategia di difesa schiera cultura della prudenza e formazione. Come si armonizza una difesa digitale multinazionale? “Puntando su semplicità, inclusività e standardizzazione”
L’imminente avvento delle quantum technologies minaccia la tenuta della crittografia classica. Ma l’Italia c'è e negli ultimi tre anni ha stanziato (grazie al Pnrr) oltre 140 mln. Ora, in seno al progetto EuroQci, prepara una dorsale per la sicurezza delle comunicazioni. Il coordinatore Calonico: “Sinergia tra pubblico e privato che punta a creare una filiera”
Dal Gdpr alla Nis 2, la stratificazione normativa sulla cybersicurezza deve tenere il passo della tecnologia. Ma l’Avvocato Riccardo Borsari - che a breve uscirà con un libro dedicato ai rischi delle imprese - avverte: “Il vero nodo per le aziende resta culturale, non ci si rende conto dei rischi”. E in un contesto in cui “il danno di solito è molto più grave della sanzione”, la chiave è puntare sulla prevenzione
Gli investimenti italiani in cybersicurezza sono cresciuti dai 976 mln del 2016 a 2,48 mld nel ‘24, ma la spesa resta inferiore a quella di Francia, Germania e Regno Unito. Eppure, il Paese subisce il 10% degli attacchi globali. Faggioli, presidente dell’Associazione italiana per la sicurezza informatica: “Le Pmi? Più vulnerabili perché possono investire di meno”
L’Italia è uno dei Paesi più colpiti, con sanità e manifattura tra i settori maggiormente esposti. L’IA gioca un doppio ruolo, come strumento di attacco e difesa, ma la vera rivoluzione arriverà con il quantum computing: “Tra dieci anni si potranno decifrare dati rubati oggi, ma ancora protetti dagli algoritmi”. Gli esperti: “Prepararsi ora”
Il settore dei data server supererà i 200 mld di valore entro il 2030, creando 150mila posti di lavoro. E a beneficiare indirettamente di questo exploit non è solo il comparto tech, ma un complesso mosaico di realtà che operano in diversi ambiti: dai sistemi di raffreddamento al cablaggio, fino alla produzione di rack, gli armadi che ospitano i server
Emmanuel Becker, Ceo di Mediterra Datacenter ed ex presidente dell'Italian Datacenter Association: “Spesso i data center consumano meno di quanto dichiarato all’inizio”. La concentrazione in Lombardia? “Bisogna creare strutture regionali, distribuite sul territorio nazionale”. E con costi dell’energia più bassi “potremmo diventare un digital hub continentale”
Il Paese vive un boom delle “fabbriche di dati”: 200 gli impianti attivi (un terzo a Milano) e oltre 340 le richieste autorizzative pervenute a Terna nel ‘25 per allacciare nuove infrastrutture. Ma per dare pieno sviluppo a una filiera che potrebbe valere fino all’8% del Pil nel 2030 serve sciogliere i nodi del fabbisogno energetico e del riordino normativo
Il business dei data center dedicati al Gpu computing per l’addestramento dei modelli cresce esponenzialmente in tutto il mondo, mentre nel nostro Paese resta limitato. In Europa la domanda di servizi è trainata dal settore farmaceutico e dalla drug discovery. Baldassarra, Ceo di Seeweb: “Atteggiamento attendista. Il nostro mercato inerziale rispetto all’innovazione”
Per Moreno Mancin, docente di Economia aziendale a Ca’ Foscari ed esperto di Business dello sport, l’obiettivo delle sponsorizzazioni è “entrare nella testa del consumatore. Valentino Rossi e Alberto Tomba sono ancora associati a determinati brand dopo anni. Bisogna scegliere personaggi in linea con i valori del marchio e investire in comunicazione, sapendo che si rischiano anche ritorni di immagine negativi. E anche gli atleti degli sport minori servono a veicolare l’utilizzo di determinati prodotti”
La sponsorizzazione degli sciatori serve a valorizzare il marchio, alimentare lo spirito di emulazione negli atleti alla ricerca di materiali simili e ottenere feedback con cui sviluppare innovazioni di prodotto. Zanatta (Tecnica): “Abbiamo una rete di osservatori dislocati lungo tutto l’arco alpino. La personalizzazione è fondamentale”. Dal Fabbro (Rossignol Lange): “Le aziende forniscono l’attrezzatura tecnica e l’assistenza sulle piste. Sulla scelta del testimonial incide anche la presenza dell’atleta sui social”
Da Sinner a Egonu, da Pogacar a Goggia: la popolarità di questi testimonial globali diventano motore di crescita per interi settori industriali. E nelle scelte di marketing, alcune aziende (come Enervit) puntano sulla connessione autentica tra atleta e valori; altre come Arena, Technogym e Diadora scommettono sull’effetto Olimpiadi per crescere in un mercato globale
Le imprese di campioni come Pogacar non hanno solo echi mediatici: tra i produttori di bici, Colnago ha triplicato i ricavi con lo sloveno; Wilier ha sfruttato il record di vittorie al Tour di Cavendish per crescere all’estero, mentre Bianchi e Campagnolo rilanciano marchio e strategie con la presenza nel circuito mondiale. Il legame diretto tra campioni e brand sostiene un comparto sempre più internazionale
Ferrari e Lamborghini rinviano i modelli elettrici, Maserati in crisi, Aston Martin e McLaren ci punteranno dal 2030; solo Porsche e Rolls-Royce corrono avanti. Il panorama delle auto di lusso si scontra con una domanda ancora molto debole e con la necessità di coniugare maggiormente la tecnologia elettrica con le performance. E nel breve periodo prevale l’ibrido
L'affermarsi dell'auto elettrica è lontana dall’essere realtà. Dominano le ibride e le motorizzazioni tradizionali mentre l’età media delle auto in Italia è di oltre 12 anni, con circa il 24% oltre i 19 anni. L'elettrico vince solo nei paesi del Nord Europa, finanziato dai proventi delle vendite di petrolio
Nel 2024 il mercato globale del software legato all’automotive ha superato i 18 mld di dollari e crescerà del 10,9% annuo fino al 2034. La componente digitale può valere oltre un terzo del prezzo di un’auto. Ma con il boom dei marchi cinesi aumentano i timori su privacy, sorveglianza e sicurezza nazionale
Crisi strutturale, concorrenza cinese, transizione elettrica incerta: per il presidente di Omr l’automotive europeo è a un bivio. Servono un piano industriale e regole condivise o “in 5 anni assisteremo alla deindustrializzazione dell’Europa”. Idrogeno? “Sì per mezzi pubblici e pesanti”. Guida autonoma? “Occasione per meccatronica e software, ma servono regole e investimenti subito”
Michele Fanton, ad dell’omonima impresa padovana che distribuisce materiale elettrico per applicazioni nel campo del fotovoltaico e delle energie rinnovabili, contesta il taglio dei bonus: “Senza nuovi incentivi non potremo centrare gli obiettivi europei sull’efficientamento energetico. Lo tsunami di liquidità non c’è stato, ora bisogna abbassare i prezzi e ottimizzare le scorte per sostenere il circolante e continuare a soddisfare i clienti”
Silvio Fabrello, titolare della vicentina Esse Ti Elettronica, ha scelto pannelli tedeschi e in parte italiani per i suoi stabilimenti, preferendo una filiera certificata e tracciata alla convenienza dei prodotti cinesi. Fondamentale, racconta, è stato affidarsi a una ditta competente e non improvvisata. “Ho voluto sapere cosa stavo comprando e la qualità degli impianti ha ripagato la scelta”
Il record di produzione elettrica generata dall'energia solare a giugno ’25 e l'esempio virtuoso dei parchi solari non frenano la crisi del fotovoltaico. A pesare in Europa è il calo degli investimenti (-13%) e delle nuove installazioni, precipitate al 5% nel '24 dopo il boom del +53% del '23. Nonostante i forti investimenti Ue con programmi specifici per l'energia solare, l'obiettivo di installare 700 GW entro il 2030 appare ancora lontano
Con la fine del 110% sono scomparse oltre 11 mila imprese edili, il fatturato delle imprese che producono e distribuiscono materiale elettrico applicato al fotovoltaico è passato dal +243% del 2022 al -50% del ’24 e i ricavi dei general contractor sono scesi del 40-60%. I nuovi incentivi per le Pmi si fermano al 50%. Sotgiu (Ingenera): “Il crollo delle commesse è stato drammatico e ci ha costretti a una conversione in tempo zero. Ora sogniamo un mondo senza incentivi”
Salvatore Infantino (Associazione dei risk manager) difende la bontà della legge: “Introduce una copertura che permette alle Pmi di sopravvivere a danni irreversibili. Ma le aziende non devono pensare di essere protette da tutto: per alcune calamità servirà una copertura extra. Sbagliato scaricare gli oneri dei proprietari degli immobili sulle imprese. Il pool CatNat garantirà premi più bassi ed equi”
Entro fine anno tutte le imprese italiane dovranno essere assicurate contro calamità naturali come alluvioni e terremoti. Dal 2015 al ‘24 in Italia gli eventi meteo estremi sono aumentati del 485%. E dal ‘13 al ‘24 il Fondo per le emergenze nazionali ha stanziato oltre 13,5 mld, anche per i danni a macchinari e impianti. Assicurare un ufficio in centro (tipicamente poco esposto a questi eventi) costerà fino a 3 mila euro. Ma il consorzio CatNat punta a calmierare i prezzi
Francia e Spagna danno l’esempio: dopo l'alluvione di Valencia risarcimenti in pochi giorni per famiglie e imprese grazie a un sistema di polizze obbligatorie. In Italia e Grecia, invece, l'alta esposizione ai disastri naturali corrisponde a una scarsa diffusione delle polizze (5%). I nuovi obblighi italiani basteranno a invertire il trend sulla cultura del rischio?
Il sindaco di Valdagno, colpito da un’ondata di maltempo lo scorso 17 aprile, e presidente dell’omonima azienda di interior design si schiera a favore delle polizze catastrofali soprattutto per tutelarsi dai danni gravi che mettono a rischio la sopravvivenza dell’azienda. E invoca l’accompagnamento dello Stato e la vigilanza delle authority per evitare speculazioni. Resta il nodo sui Comuni: “Non possono assicurarsi: ad oggi la nostra copertura sono i ristori pubblici, ma i tempi sono lunghi”
Il ritorno al nucleare, a livello globale, è una realtà. Secondo l'International Energy Agency, al momento sono in costruzione nel mondo 63 reattori nucleari (di cui il 50% dipende da Pechino). Gli investimenti annuali sono aumentati di quasi il 50% dal 2020 al 2023 (oltre 60 mld di dollari). In Europa si punta sugli Small modular reactors. Ma il prototipo è ancora da sperimentare e i costi da sostenere sono significativi
Nonostante l’uscita dal nucleare, la filiera italiana è rimasta competitiva grazie a ricerca, diversificazione e innovazione. Ma senza strategia e investimenti nella formazione, rischia di perdere competenze e ridursi a ruoli marginali, compromettendo la capacità di trasformare la tecnologia in sviluppo industriale autonomo
Luigi De Paoli, docente emerito alla Bocconi ed esperto di energia, smorza l’entusiasmo per i nuovi SMR: “I modelli esistenti sono solo miniature dei reattori tradizionali. In futuro saranno modulari, replicabili, più facili da installare e aiuteranno a decarbonizzare i settori non elettrificabili, ma prima bisogna sviluppare i prototipi. Se si vuole far presto, bisogna usare i reattori dei primi anni 2000. E senza il deposito per i rifiuti radioattivi, il rilancio non può partire”
Un report appena pubblicato sul sito di Bankitatalia ne dipinge un quadro in bianco e nero che esalta il contributo alla decarbonizzazione. Il nucleare presenta costi di esercizio e di gestione contenuti, ma alti costi fissi per la costruzione degli impianti e un basso impatto sui prezzi del mercato elettrico (con possibili benefici solo per i grandi player industriali). E farà aumentare l’import di uranio da Paesi a rischio come la Russia
Per il professore e direttore del Major in Retail Management alla Luiss il valzer dei direttori creativi è spesso inteso come un modo “per dare una scossa alle vendite e far digerire ai clienti l’ennesimo aumento dei prezzi”. Ma nel mercato attuale la competizione va intesa a un altro livello: “La sfida non è quella di uscire con belle collezioni, ma gestire progetti culturali rilevanti per un mercato vasto e segmentato”
Tra ‘18 e ‘23 la moda italiana ha visto 315 operazioni di M&A (per 44 mld), di cui il 55% concentrato sull’internalizzazione della filiera. Nel ‘24 - complice la crisi del settore - i deal sono calati del 21,7%. Ma l’interesse di fondi e grandi gruppi non si è esaurito: è solo diventato più selettivo. In attesa della ripresa del settore, si concentrano su aziende solide e si preparano a ulteriori integrazioni verticali delle eccellenze del made in Italy
Da Valentino a Celine, Dior e Fendi, passando per Jean Paul Gaultier, Jil Sander, Balenciaga e ovviamente Gucci, e molti altri ancora. Le porte girevoli, nella moda, ruotano all’impazzata. Così i marchi in tempi di crisi cercano di dare segnali al mercato. Ma la crescita della finanza nel lusso ne mette in difficoltà il modello tout court, e non basterà un nuovo scintillante creativo per risollevarne le sorti
I riflettori sono puntati sui creativi, ma la moda sta man mano cambiando anche i ceo. Eclatante la scelta di Kering caduta su Luca De Meo, ex Renault. Ferragamo e Prada salutano i rispettivi manager, Chanel e Audemars Piguet puntano su ex Unilever e Procter & Gamble. Nel ‘24, l’85% dei nuovi Ceo globali non proveniva dal fashion, a testimonianza di una strategia che punta su outsider esperti in gestione di filiere complesse e ambiziosi piani di rilancio
Il capoluogo lombardo, con i 9 mln di arrivi nel 2024, si è trasformato in una vera destinazione turistica. Una crescita, sottolinea il sociologo Luca Garavaglia, "spontanea e non pianificata da politiche pubbliche”, spinta dal traino degli eventi e dall’attrattività verso il turismo internazionale. “Milano può gestire numeri più elevati a patto che li ridistribuisca nelle altre aree della città”. E servono “politiche di accessibilità abitativa a chi lavora nei settori a bassa specializzazione, come il turismo"
Nella Riviera dell’estate infinita si lavora il doppio di quanto si firma. Lo raccontano stagionali, ristoratori e pure i sindacati. Il 79% dei lavoratori fa più ore del previsto, il 41% non è pagato per gli straordinari. Nel 61% dei casi si ricorre al “fuori busta”, spesso sotto i 5 euro netti l’ora. “Accetti tutto, perché è l’unico modo per guadagnare qualcosa”, ci dicono dal territorio Nel ‘23, solo 9 i controlli in regione dell’ispettorato
L’Italia delle aree interne, ricca di cultura e natura, ma segnata da fenomeni d’isolamento e spopolamento (-5% di abitanti negli ultimi 10 anni), ora cerca di rigenerarsi anche attraverso il turismo. Ma non basta attirare flussi: serve qualità, visione di lungo periodo e attenzione alle comunità residenti. Il rischio, altrimenti, è quello di snaturarsi e disperdere risorse
Nel ‘24 siamo arrivati a quota 458 mln di visitatori (+21% sul 2014 con una crescita costante). Numeri record dietro i quali si nascondono però un’occupazione povera, investimenti tre volte più bassi di quelli nella manifattura e tanti disagi per le comunità locali. Nel frattempo il segmento del lusso rallenta (-20% solo nell’ultimo anno) e manca una strategia condivisa per gestire i flussi e valorizzare le destinazioni meno conosciute
Davanti alle incertezze, le Pmi italiane rispondono puntando su visione, dinamicità e risorse umane. E così, nel confronto fra le eccellenze, la complessità diventa opportunità, tra diversificazione, managerializzazione e centralità del cliente. E il piano industriale torna a essere una bussola concreta
Come selezionare un manager sulla base degli obiettivi? Quanto conta che sia allineato alla cultura aziendale? E che tipo di stile deve privilegiare? Ad Altavilla una sezione tematica ha indagato questi temi. Le risposte nelle esperienze delle Champions: “Un imprenditore senza manager è solo e non può crescere”, ha spiegato Cimolai. E Novello: “I due ruoli sono sinergici: ma è un’armonia che va anche pianificata”
Dall’M&A alla digitalizzazione, dall’internazionalizzazione alla valorizzazione delle competenze, sono tante le strategie per poter creare valore facendo fronte alle pressioni del contesto globale. Per Marchetto (Somec): "Le acquisizioni permettono di intergrare mercati, competenze e prodotti rispetto ai 15 anni che servirebbero per svilupparli"
Nella due-giorni di confronto, i campioni di redditività navigano ‘oltre le turbolenze’. Aureli (Aetna): “Bisogna tenere assieme visione imprenditoriale e gestione manageriale”. Bollati (Davines): “Ci siamo dati noi il ritmo di crescita così da tenere un forte assetto valoriale e culturale”. E Piovesana (Alf Invest): “Quando ci aspettavamo che il mercato calasse abbiamo investito in nuovi spazi produttivi per crescere con altri prodotti”
Gli scali di taglia media sono sempre più attrattivi e nel ’24 hanno visto crescere il traffico oltre i livelli del ‘19. Spicca il caso di Trieste, che registra passeggeri in aumento del 41% e lancia cinque nuove destinazioni. Lavori in corso a Pisa e Genova. Situazione delicata per gli aeroporti “minori” dell’Emilia-Romagna: Forlì e Parma sono a rischio default, Rimini paga il crollo dei collegamenti con Russia e Ucraina ma mantiene una solidità patrimoniale e finanziaria che mostra margini di crescita
I primi quattro mesi dell’anno confermano il trend positivo registrato nel 2024 per il settore italiano. I grandi hub (Fiumicino, Malpensa) guidano il trend, ma gli scali minori faticano a sopravvivere senza sostegno pubblico. Saturazione delle infrastrutture, burocrazia e scarsità di personale ostacolano la crescita, mentre il modello low cost aumenta il traffico ma riduce la redditività
Dalle promesse di rivoluzionare la mobilità di Milano-Cortina 2026 alla dura realtà: il settore della mobilità aerea avanzata in Italia, come in Europa e negli Usa, è in fase di stallo. Ad oggi, infatti, nessuna delle aziende del settore ha raggiunto l’omologazione completa al volo con i passeggeri. Congelati gli investimenti italiani: degli 1,8 mld previsti da Enac solo una minima parte è stata spesa, mentre i 110 mln del Pnrr restano largamente inutilizzati. Primi test solo per i voli cargo
Per l’ex dg di Sacbo, che vanta 45 anni di carriera tra Linate, Malpensa e Orio al Serio, “gli aeroporti più grandi e presidiati dai vettori low cost sono cresciuti di più perché hanno investito sulle attività ‘non aviation’ come aree commerciali e alberghi”, ma in futuro “gli scali minori avranno successo perché collegheranno le aree periferiche in ascesa. La transizione digitale migliorerà il comfort dei viaggiatori, le tecnologie ridurranno l’inquinamento”
I produttori di energia elettrica sotto pressione da Confindustria e dal governo, che minaccia un’indagine su possibili speculazioni sui prezzi dell’energia. La loro redditività in parte deriva dal fatto che la produzione di rinnovabili viene pagata come fosse gas. Ma anche dall'idroelettrico e dagli investimenti sulle reti
Tra costi energetici elevati e la fine dei sussidi emergenziali, molti energivori italiani puntano sull’autoconsumo per restare competitivi. Ma la burocrazia blocca investimenti e innovazione. Per Mauro Fara, ad di Italia Alimentari, servirebbe “una semplificazione, piuttosto che più sostegni”. L'azienda ha installato sistemi di cogenerazione e trigenerazione in tutti gli stabilimenti, puntando anche sul fotovoltaico
L'azienda dell'argilla espansa punta alla totale sostituzione dei combustibili fossili con energie rinnovabili, raggiungendo il 50% di autoproduzione con un impianto agrovoltaico innovativo che sarà inaugurato a giugno. Per spingere la crescita di operazioni come queste “non c’è leva più efficace di un incentivo fiscale che spinga l’imprenditore a reinvestire in azienda"
Orsini chiede il ‘disaccoppiamento’ che però deve passare anche per Bruxelles. La premier indica agli industriali la soluzione dei Power purchase agreements, escludendo l'uso di altri soldi pubblici. E media tra industriali e i produttori ‘di Stato’: aumentare le rinnovabili e rilanciare il nucleare
Alla Cuoa Business School il 13 e 14 giugno oltre cento imprenditori delle eccellenze manifatturiere italiane si confronteranno sulle strategie di crescita in un contesto globale competitivo. Fra loro anche Marco Nocivelli, Davide Bollati, Mauro Fanin, Valentina Aureli, Denise Archiutti, Maria Cristina Piovesan. Focus su come guardare oltre le turbolenze, con un mix di visione, strategia e solidità finanziaria
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