Richard Overy
PIOGGIA DI DISTRUZIONE
Tōkyō, Hiroshima e la bomba
ed. orig. 2025, trad. dall’inglese di Laura Bernaschi,
pp. XIV-194, € 25,
Einaudi, Torino 2025
L’ottantesimo della fine della seconda guerra mondiale, e in particolare della preparazione e dello sganciamento delle uniche due bombe atomiche utilizzate nella storia umana, non poteva non produrre volumi che – a beneficio del più largo pubblico – presentassero lo stato delle conoscenze storiche più aggiornate.
La tempestiva traduzione del volume che in originale si intitola Rain of ruin. Tokyo, Hiroshima and the surrender of Japan di Richard Overy, uscita in Italia praticamente in contemporanea con l’edizione per il mercato anglosassone, offre il risultato forse migliore per riflettere ancora una volta sul drammatico anniversario che ha dato origine alla prima era atomica del genere umano.
Overy – forse questo punto sfugge al lettore italiano – è uno studioso straordinario per gli studi britannici e internazionali sulla seconda guerra mondiale. Di guerra aerea si era occupato già dal 1980 con The air war, 1939-1945; e aveva rinnovato le conoscenze e la visione d’assieme sul conflitto con Why the allies won (1995: in Italia, La strada della vittoria. Perché gli Alleati hanno vinto la seconda guerra mondiale, il Mulino, 2002), Bomber command, 1939-1945 (1997), Interrogations. The Nazi elite in allied hands, 1945 (2001: Interrogatori. Come gli Alleati hanno scoperto la terribile realtà del Terzo Reich, Mondadori, 2002). Agli studi generali è tornato dopo il fondamentale The bombing war. Europe 1939-1945 (2013) e con il suo Blood and ruins. The great imperial war, 1931-1945 (2021: Sangue e rovine. La Grande guerra imperiale, 1931-1945, Einaudi, 2022), ormai un punto di riferimento imprescindibile.
Nel frattempo ha intessuto collaborazioni con quotidiani – ad esempio “The Times” – istituzioni e case editrici di primo livello internazionale (l’Imperial War Museum, lo Smithsonian, Penguin, Oxford UP), per le quali ha firmato opere di alta e seria divulgazione. Quest’informazione, utile per il lettore italiano, illustra la rilevanza internazionale di questo “breve volume”, come lo definisce l’autore, che in effetti si presenta ridotto rispetto a tomi come Interrogations, The bombing war o Blood and ruins, dei quali Rain of ruin è per molti versi la prosecuzione.
Il tema del volume può apparire scontato – le origini della bomba atomica – ma la trattazione serrata e documentatissima cui Overy ci ha abituato offre in realtà una revisione vera e propria di molti giudizi, o almeno lo spunto per una loro riconsiderazione alla luce delle ricerche più recenti e della sensibilità odierna. Overy non isola la costruzione della bomba dalla guerra totale di quegli anni, e in particolare dalla guerra aerea e dai bombardamenti incendiari cui gli Usa – e, di fatto, gli Alleati – costrinsero il Giappone. La guerra atomica non fu che il prolungamento delle altre: evitabile come tutto nella storia, ma coerentemente preparata.
Della bomba, Overy ricostruisce il processo mettendo in evidenza le contraddizioni e le differenze fra Stati (Usa e Regno Unito), politici (Roosevelt, Truman, Churchill), militari, scienziati, nonché all’interno di ognuna di queste categorie. Sottolinea inoltre come, pur innalzando enormemente la letalità potenziale, guerra atomica e guerra incendiaria furono l’una la prosecuzione dell’altra.
Anche sul punto determinante dell’utilità del lancio delle due bombe affinché il Giappone si arrendesse, una volta che i combattimenti in Europa erano già terminati, Overy è critico. Non ignora i collegamenti ma dimostra quanto il lancio non fu determinante per la decisione dell’imperatore giapponese – e di parte del suo governo e dei suoi militari – di interrompere la guerra. Non minori preoccupazioni, relative all’andamento generale del conflitto, al timore dell’avanzata sovietica e alla paura di sollevamenti interni, avevano condotto Hirohito a finire la guerra, più che ad “arrendersi”.
Infine, come già in The bombing war e Blood and ruins, Overy è netto circa il giudizio – storico, prima ancora che morale – sulla guerra di bombardamento atomica, così come già lo era stato circa la guerra di bombardamento in generale e non solo di quella incendiaria. La quale ultima, com’è noto, inferse innumerevoli vittime a Tokyo e in generale al Giappone. I sostenitori della guerra totale e della strategia del bombardamento – soprattutto dell’area bombing che deliberatamente puntava ai civili, ma anche dei cosiddetti “bombardamenti di precisione”, che all’epoca, però, non avevano i mezzi tecnici per esserlo davvero – violavano consapevolmente le norme del diritto internazionale vigente.
Dopo il 1945, con le convenzioni del 1949 e del 1977, il diritto internazionale sarebbe stato ulteriormente precisato fino a condannare la guerra atomica, giungendo al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw, 2017-2021), che ne imporrebbe il ripudio – per parafrasare l’art. 11 Cost. della Repubblica italiana.
Uno degli aspetti che più colpisce è che Overy porta a sintesi – con posizioni anche originali – una enorme quantità di letteratura scientifica, generazioni di studi, dibattiti storiografici, con uno stile serrato in cui ogni riga, ogni frase è un’informazione, un fatto, la cui concatenazione inevitabilmente suscita un’interpretazione storiografica. Le secche note e la bibliografia finale sono dense e ricchissime. Per un lettore italiano non specialista, non sempre consapevole della vastità delle ricerche internazionali, le parole di Overy e i suoi rimandi bibliografici possono costituire un importante spunto per nuove riflessioni.
Non si può non osservare, però, amaramente, che proprio mentre la migliore storiografia internazionale condanna la guerra atomica sulla base delle prove documentarie, il ricorso alla bomba torna oggi nel fuoco dei conflitti russo-ucraino, indo-pakistano, israelo-iraniano… – nonostante il Tpnw – a essere parte della propaganda bellica e dei preparativi segreti di potenze revisioniste e belliciste, alimentando nuovi timori nell’opinione pubblica.