Nel mondo delle operations si parla spesso di continuità: produzione fluida, fornitori affidabili, clienti serviti in tempo, processi che scorrono come meccanismi ben oliati. Ma cosa accade quando questa continuità viene meno? O, ancor più radicalmente, quando non è mai esistita? Le fasi di avvio, acquisizione o cambi di governance rappresentano l’esatto opposto della routine e mettono alla prova la capacità strategica e operativa di chi guida le operations. È in questi contesti che emerge la vera stoffa del direttore operations: la capacità di trasformare l’incertezza in direzione.
Sarà proprio questo il tema del nuovo numero del settimanale OperationsManager, che sarà disponibile sul sito operationsmanager.it a partire dal primo pomeriggio di domani, venerdì 18 luglio. L’inserto dedicato al mondo dei processi e dei loro architetti nelle fabbriche, edito da ItalyPost in collaborazione con auxiell e AzzurroDigitale, vedrà intervistate tre realtà (e tre dei loro protagonisti): Hba, Mattioli e Preziosi Food.
Nel caso delle aziende emergenti, il direttore operations entra in gioco ben prima che vengano prodotti i primi pezzi. Già nella fase embrionale, è chiamato a definire il modello operativo: produzione interna o esternalizzata? Just-in-time o scorte di sicurezza? Decisioni tutt’altro che teoriche, che determinano la scalabilità e la redditività del business. In questi casi si parte da un foglio bianco, che però rappresenta una responsabilità: ogni scelta iniziale è come una fondazione e sbagliarla compromette l’intera struttura. Decidere se costruire impianti interni o orchestrare una rete di fornitori, impostare processi snelli, modulari e adattabili è ciò che spesso fa la differenza tra sopravvivenza e fallimento.
Diversa è la sfida quando si tratta di trasformazione. Un’acquisizione o un passaggio di proprietà non sono solo atti finanziari: diventano rapidamente questioni operative. Il direttore operations deve garantire continuità nell’immediato, mentre sotto la superficie si lavora a una ristrutturazione profonda. Il tempo per riflettere è minimo, quello per sbagliare ancora meno. Le prime azioni sono di mappatura: cosa c’è, come funziona, quanto è coerente con la nuova visione. Il primo obiettivo deve essere quello di riallineare: spesso infatti si parte da sistemi It che non comunicano, pratiche divergenti tra reparti, cicli produttivi costruiti su logiche locali.
In modo simile, ma con dinamiche differenti, anche i cambi di governance generano discontinuità: non muta l’azienda, ma la direzione. Un nuovo amministratore delegato, l’ingresso di un fondo, una nuova impronta manageriale: l’impatto sulle operations è immediato, anche se meno visibile. I processi smettono di essere routine da mantenere e diventano oggetto di analisi. Ciò che fino a ieri era ‘buona prassi’, oggi può essere messo in discussione. Chi guida le operations si trova in bilico tra l’eredità del passato e la pressione del nuovo. Infrastruttura produttiva, fornitori storici, magazzini: tutto viene riesaminato. Ma la vera sfida è culturale e richiede di cambiare mentalità.
In queste fasi, un direttore operations esperto sa di dover procedere per cerchi concentrici. Primo: garantire che la macchina non si fermi. Poi: identificare le aree critiche. Infine: costruire una nuova normalità. Nessuna di queste fasi si affronta da soli: serve costruire alleanze, ascoltare i segnali (anche quelli deboli), difendere o smantellare processi con lucidità. Un aspetto cruciale spesso sottovalutato è il tempo: i direttore operations, in ogni contesto, lavorano contro di esso, con strumenti a volte imperfetti come dati incompleti, sistemi non integrati, persone incerte sul futuro.
Eppure, proprio nelle fasi di discontinuità, le operations possono diventare il punto di forza dell’azienda. Quando tutto cambia, ciò che resta stabile (o viene rapidamente stabilizzato) diventa l’ancoraggio dell’intera organizzazione. La continuità produttiva, la puntualità nelle consegne, la trasparenza con fornitori e clienti sono i segnali che l’impresa sta reagendo, sta ripartendo. E a generare questi segnali è chi guida le operations.