Innovare è una necessità vitale per ogni impresa, e chi guida le operations conosce bene l’apparente paradosso: spingere verso il nuovo, sperimentare tecnologie, introdurre prodotti inediti e costruire processi più veloci, mentre si preserva allo stesso tempo la continuità delle linee produttive. Bisogna garantire che gli ordini escano in tempo, che la qualità rimanga stabile e che i margini non vengano erosi dalle inefficienze. In altre parole, l’azienda deve cambiare senza smettere un solo istante di funzionare. Per questo l’innovazione non è una parentesi saltuaria, ma una condizione permanente da governare con metodo, affinché il rinnovamento diventi parte integrante della routine. In quest’ottica, il compito di chi guida la produzione è mantenere il ritmo ordinario mentre si innesta, senza strappi, la spinta al rinnovamento.
Sarà proprio questo il tema del nuovo numero del settimanale OperationsManager, che sarà disponibile sul sito operationsmanager.it a partire dal primo pomeriggio di domani, venerdì 5 settembre. L’inserto dedicato al mondo dei processi e dei loro architetti nelle fabbriche, edito da ItalyPost in collaborazione con auxiell e AzzurroDigitale, vedrà intervistate tre realtà (e tre dei loro protagonisti): Hi-Pe, Ritmo e Sidergamma.
Che si tratti di prodotto o di processo, innovare significa innestare elementi di discontinuità dentro un sistema che, per sua natura, deve rimanere continuo. La sfida per i direttori operations è trasformare la spinta creativa in un flusso più controllato capace di assorbire il cambiamento e tradurlo in nuovi standard operativi. Le strade sono diverse, ma la logica comune è lavorare a monte dei processi. L’esempio più concreto è il co-design: quando marketing, ingegneria di prodotto e reparto produttivo lavorano insieme sui progetti per prevenire colli di bottiglia e ridurre gli sforzi di industrializzazione. La progettazione congiunta allinea la spinta innovativa alla capacità di fabbricazione ed evita che i reparti si rimpallino problemi a valle. È qui che si prevengono i colli di bottiglia prima che emergano.
Questo però non genera risultati senza una conoscenza profonda dei flussi esistenti. Serve la mappatura del value stream, il ‘flusso di valore’ che consente di fotografare le fasi che generano spreco e di costruire la base dati per ogni riprogettazione. Solo dopo questa radiografia è sensato avviare le sperimentazioni, spesso circoscritte a reparti o linee specifiche. In uno spazio protetto si misura quanto, e soprattutto come, una soluzione è industrializzabile e si valuta l’impatto su costi, tempi di ciclo e qualità.
L’introduzione vera e propria non è un punto di arrivo definitivo: l’innovazione è un sistema dinamico che richiede monitoraggio costante, aggiustamenti e nuove iterazioni. Non a caso nel lessico della produzione ricorrono continuous improvement, Kaizen e Six Sigma, metodologie che rendono sistemico il miglioramento con un approccio scientifico che parte dalla definizione dei KPI pertinenti, passa per la raccolta di dati significativi e arriva ad agire sulle deviazioni. È la logica del Plan-Do-Check-Act: eliminare scarti e ridondanze perché l’innovazione smetta di essere un evento una tantum e diventi un processo che alimenta sé stesso.
Le tecnologie digitali stanno amplificando questa prospettiva. Intelligenza Artificiale e Internet of Things permettono di trasformare ogni macchinario e ogni stazione di lavoro in una sorgente di dati. Il valore non sta solo nel controllo in tempo reale e nella reportistica puntuale, ma anche nella capacità di anticipare anomalie, ottimizzare i setup e riallocare capacità produttiva in modo dinamico. Tuttavia la digitalizzazione non è una bacchetta magica: se prima non si interviene sull’architettura dei processi e sulla cultura aziendale si rischia di aggiungere strati di complessità informatica senza alcun reale beneficio operativo.
Nei mercati turbolenti di oggi, un sistema produttivo capace di riconfigurarsi rapidamente assorbe meglio shock di domanda, cambiamenti normativi e opportunità improvvise. Per questo le organizzazioni più attente ai processi concepiscono la fabbrica come una piattaforma modulare: linee flessibili, layout adattabili, supply chain integrate. L’obiettivo è ridurre il lead time decisionale e il time-to-market di un prodotto, perché l’innovazione che non arriva in tempo sul mercato perde gran parte del suo valore.