“Non c’è design senza disciplina. Non c’è disciplina senza intelligenza.” La lezione di Massimo Vignelli torna al centro proprio mentre il design italiano — dal prototipo d’auto al termoarredo — incrocia arte, ingegneria, marketing e funzione. Un sistema di studi e officine che muove massa critica (il mobile–arredo vale 50–52 miliardi nel 2024, ndr) e continua a proiettare il Made in Italy nel mondo. Basterà storia e reputazione per reggere a digitalizzazione, sostenibilità e nuove logiche proprietarie?
Nel numero di domani Cult mappa il bivio: i conti e le scelte strategiche dei grandi (Pininfarina chiude il 2024 a 91,8 milioni di ricavi ma con oltre 4 di perdita; Italdesign sfiora i 330 milioni e valuta opzioni di assetto), la traiettoria delle eccellenze di nicchia (Antrax: 8,8 milioni) e il ruolo dei luoghi che tengono insieme memoria e futuro. A Milano l’ADI Design Museum lancia l’ADI Design Index 2025 e il nuovo Centro Studi, trasformando l’Osservatorio in hub di ricerca che dialoga con imprese e territori: icone come Lettera 22, Vespa e Arco restano bussola, ma lo sguardo è chiaramente rivolto avanti.
E questo “avanti” ha il passo dei distretti che resistono innovando. Marco Bettiol (Università di Padova) racconta Montebelluna come laboratorio di copiare creativo: imitazione attiva che diventa progetto, dove la leadership non sta più solo nel saper fare ma nel saper progettare. Due leve, dice: materiali e tecnologie 4.0 in alleanza con le università; branding e storytelling capaci di parlare a uno sport diventato lifestyle, oltre i confini tradizionali.
Dalla teoria al banco di prova industriale. Con Joaquin Garcia, Head of Design di Italdesign, il design è umanocentrico e anticipa (non insegue) le tendenze: architetture elettriche che ripensano gli interni, interfacce ibride, materiali in ottica eco-design. Manifesti concreti: Quintessenza, ReSedo e il Concept Lab XR per tagliare tempi, costi ed emissioni.
Infine, l’intervento di Alberico Crosetta (Antrax IT) riparte dal Tubone — Compasso d’Oro vent’anni fa — per definire la sua “bellezza utile”: forma al servizio della resa. La crisi energetica impone efficienza e progetto (“aumentare lo spessore della coperta”, ridurre sprechi), alleanze con i designer senza perdere coerenza, ponte stabile tra artigianato e visione industriale. Anche aprendo la fabbrica alla comunità con il Parco del Design.

