Dietro ogni prodotto che arriva a noi c’è un percorso complesso e quasi invisibile: una rete intricata di trasporti, stoccaggi e lavorazioni che collega mercati, territori e tecnologie in un equilibrio sempre più fragile. Gestire questa rete, la cosiddetta ‘supply chain’, oggi non significa più solo coordinare fornitori, trasportatori e magazzini, ma è diventato un esercizio di strategia industriale che distingue le aziende capaci di resistere alle crisi da quelle costrette a rincorrere problemi, rinegoziare ordini all’ultimo momento o, nel peggiore dei casi, interrompere la produzione per mancanza di materiali o componenti.
Negli ultimi anni, definiti come l’era ‘Vuca’ (volatile, incerta, complessa e ambigua), le modifiche nelle rotte commerciali hanno già causato un aumento significativo dei costi di approvvigionamento e di logistica. L’inasprimento delle politiche tariffarie, annunciato dal presidente statunitense Donald Trump (e in Europa sospeso, minacciato nuovamente e ulteriormente rimandato), ha scosso profondamente l’idea di libero scambio a cui aziende e persone erano abituate dalla caduta del Muro di Berlino in poi.
Questa nuova fase di protezionismo impone alle imprese sfide inedite nella gestione della supply chain, la quale si è trasformata in una funzione operativa sempre più strategica per la sopravvivenza e la competitività aziendale. Pianificare, monitorare e ottimizzare l’intero flusso di materiali e informazioni, dalla materia prima alla distribuzione finale, significa oggi molto più che ridurre i costi: vuol dire assicurare la continuità produttiva, ridurre il time-to-market e soprattutto mantenere la capacità di reagire rapidamente a crisi logistiche o improvvisi cambiamenti nella domanda.
Sarà proprio questo il tema del nuovo numero del settimanale OperationsManager, che sarà disponibile sul sito operationsmanager.it a partire dal primo pomeriggio di domani, venerdì 30 maggio. L’inserto dedicato al mondo dei processi e dei loro architetti nelle fabbriche, edito da ItalyPost in collaborazione con auxiell e AzzurroDigitale, vedrà intervistate tre realtà (e tre dei loro protagonisti): Bitron, Op e Sag Tubi.
I direttori operations e i supply chain manager hanno un ruolo centrale in questa complessa orchestrazione, perché la loro capacità di coordinare ogni anello della filiera incide direttamente su tempi di produzione e consegna, qualità del prodotto ed efficienza economica complessiva. Come si gestisce quindi questa complessità in un contesto di grande incertezza, aggravato dalle nuove tensioni commerciali causate dai dazi? La risposta sta nella capacità di ripensare le strategie di approvvigionamento, adottare modelli organizzativi flessibili e, dopo aver lavorato sui processi, sfruttare i vantaggi della trasformazione digitale.
In particolare, riguardo alle ‘tariffe reciproche’ annunciate da Trump, Riccardo Pavanato, Partner e Ceo della società di consulenza auxiell, indica tre modalità di intervento. Oltre alle imprese che tentano di mascherare la reale provenienza delle merci (strategia non consigliabile), “le aziende possono utilizzare rotte logistiche che prevedono immagazzinamenti o transiti in paesi con dazi inferiori”. Pur riducendo il peso delle tariffe, questa modalità tende ad aumentare i costi di trasporto ed è spesso meno sostenibile dal punto di vista ambientale.
Un livello successivo prevede lo spostamento della produzione “da uno stabilimento a un altro situato in un’area con dazi più bassi, modulando la saturazione delle linee produttive. Questo non significa produrre di più in assoluto, ma modificare l’equilibrio tra i diversi plant”. Tuttavia, come sottolinea Pavanato, ciò è possibile solo se l’azienda dispone già di questa capacità produttiva e organizzativa, che però spesso non viene sfruttata.
Queste soluzioni comportano una maggiore complessità gestionale rispetto al passato e richiedono ai direttori operations e supply chain manager di adottare strumenti di pianificazione avanzata, in grado di integrare dati da fonti diverse e simulare scenari differenti. In questo contesto entrano in gioco le Supply Chain Control Tower, sistemi digitali integrati che offrono una visione in tempo reale di tutte le fasi della catena, aumentando trasparenza, facilitando decisioni rapide e informate e riducendo i rischi di interruzione. Altre strategie includono il rafforzamento delle partnership a monte e a valle, la creazione di catene di fornitura ridondanti e l’adozione di piattaforme digitali per il monitoraggio in tempo reale.
Pavanato sottolinea inoltre che “aggiornare il modo in cui si calcola il costo totale della supply chain è cruciale per calibrare l’architettura delle catene”. Non si tratta solo di considerare i costi diretti di materie prime, energia e manodopera, ma anche quelli legati alla logistica, inefficienze da ritardi, dazi e impatto ambientale. La sostenibilità non può più essere vista allora come un elemento separato, perché scelte basate unicamente sul costo possono finire per aumentare il carbon footprint aziendale.
Il panorama internazionale mostra chiaramente che le imprese più resilienti sono quelle che hanno saputo combinare efficacemente aggiornamento tecnologico, riorganizzazione produttiva e capacità di collaborazione con i fornitori. “Le aziende lo stanno capendo: inutile inseguire gli annunci di inasprimento o allentamento dei dazi, bisogna agire con lucidità per arginare gli effetti dell’incertezza”. In una catena del valore ogni anello che si spezza rallenta l’intera macchina e la rapidità con cui evolve il contesto rende chiaro che non c’è più tempo per rincorrere l’emergenza: bisogna prevederla e attrezzarsi di conseguenza.