L’andamento dei prezzi delle materie prime è tornato a essere una variabile da tenere bene in considerazione non solo per gli Uffici Acquisti e le direzioni finanziarie, ma sempre di più per chi governa i processi produttivi. In un contesto in cui la volatilità dei costi si fa strutturale, non è più sufficiente cercare fornitori alternativi: le aziende devono ripensare le proprie operations per renderle più reattive ed efficienti. La questione non è più l’emergenza, ma l’adattamento a un nuovo assetto in cui le oscillazioni – determinate da fattori tecnologici, geopolitici o speculativi – diventano parte integrante dello scenario produttivo.
Sarà proprio questo il tema del nuovo numero del settimanale OperationsManager, che sarà disponibile sul sito operationsmanager.it a partire dal primo pomeriggio di domani, venerdì 6 giugno. L’inserto dedicato al mondo dei processi e dei loro architetti nelle fabbriche, edito da ItalyPost in collaborazione con auxiell e AzzurroDigitale, vedrà intervistate tre realtà (e tre dei loro protagonisti): Coim, Domori e Fepa.
Alcuni aumenti sono spinti da nuove tecnologie o da bisogni globali che rendono certe risorse strategiche, altri da instabilità politiche nei Paesi produttori o da movimenti finanziari. E spesso i prezzi, una volta saliti, non tornano indietro. È successo nel settore alimentare, come dimostrano i casi di cacao e caffè, ma accade anche nell’industria. Un esempio è quello della siderurgia. Francesco Semino, Cso di Acciaierie Venete, spiega come nel loro settore il costo del rottame incida fino al 50% sul prezzo finale, cui si aggiunge il peso di energia elettrica e gas, che porta il totale delle componenti volatili al 65%. Bastano quindi scostamenti minimi per erodere i margini del settore.
Per questo motivo, Acciaierie Venete ha sviluppato un sistema di ammortizzazione dei costi: una parte del prezzo è fissa, mentre un’altra varia mensilmente in base alle quotazioni di rottame, ferroleghe ed energia elettrica. La voce “extra energia”, introdotta dopo il picco dei costi energetici di tre anni fa, riflette appunto l’andamento delle tariffe mensili. L’obiettivo è chiaro: evitare di trasferire interamente i rincari al cliente senza però compromettere la redditività. Il punto, però, non è solo proteggersi dai rincari, ma reagire in tempo reale.
E questo impone nuove forme di elasticità operativa: rendere i processi più snelli e modulabili, adattando produzione e approvvigionamenti alle condizioni del momento. È quanto fa Acciaierie Venete con il Capacity Market, meccanismo che comporta extracosti orari significativi. L’azienda, conoscendo in anticipo le fasce più costose, è in grado di interrompere temporaneamente la produzione, anche all’interno dello stesso turno, spostando gli operai su altre mansioni come la manutenzione. Al contrario, se i costi sono più bassi durante la notte, le attività vengono concentrate in quelle fasce orarie.
Questo tipo di flessibilità non è più un’opzione, ma una condizione necessaria per restare competitivi. E il discorso non vale solo per l’acciaio. In settori come agroalimentare, elettronica o chimica, l’instabilità dei costi impone una ridefinizione strategica della supply chain. Le decisioni non si limitano più al dual sourcing o alla contrattazione centralizzata: occorre valutare, stabilimento per stabilimento, orario per orario, lotto per lotto, quale sia la soluzione più vantaggiosa.
I direttori operations si trovano oggi a dialogare costantemente con Cfo e Ceo per decidere se produrre internamente, delocalizzare, esternalizzare o rafforzare le scorte. Il magazzino, da sempre considerato un costo da comprimere, diventa così una leva strategica: chi ha scorte, ha vantaggio. Ma servono analisi accurate: stoccare troppo espone a immobilizzazioni; troppo poco, a interruzioni. L’equilibrio si gioca sull’integrazione dei dati, le simulazioni di scenario e la prontezza decisionale.
Una soluzione unica, valida per tutti, non esiste. Ogni azienda e ogni settore richiedono risposte specifiche. Le leve a disposizione sono molte, ma la direzione è una sola: fare efficienza. Questo significa standardizzare i processi dove possibile, investire in tecnologia e sviluppare una capacità decisionale rapida. Perché nei momenti di crisi delle commodity, l’equilibrio competitivo non si gioca solo sul prezzo, ma sull’intelligenza del processo.