C’è un errore che chi fa operations conosce bene e sa di poter pagare caro: confondere la velocità con la fretta. Poi basta un niente — un camion in ritardo, alcune assenze in linea — e il ritmo cambia: è la fretta che entra in scena. La fretta spezzetta, costringe a confidare nel colpo di reni del singolo, produce ottimizzazioni locali, ma senza guardare al quadro complessivo, lascia scie di eccezioni difficili poi da richiudere. La velocità, al contrario, è un’altra cosa. La velocità non ha ansia: ha il sistema – e il sistema comincia (anche) da persone responsabilizzate: dotate di strumenti e conoscenze, con informazioni comprensibili e confini chiari dell’azione, così da poter decidere in autonomia coerente con il disegno aziendale.
Si parla di autonomia come metodo e come postura organizzativa: processi, ruoli e lessico comune permettono di intervenire vicino al flusso senza scivolare nell’improvvisazione. E qui l’autonomia incontra — anzi, richiede — la comunicazione: senza un canale unico interfunzionale e parole condivise, il perimetro d’azione resta solo teoria e ogni anomalia torna a risalire la gerarchia. La comunicazione è l’infrastruttura che rende praticabile l’autonomia: chiarisce a chi tocca cosa, chi informa chi, entro quali tempi e con quale grado di ingaggio.
Sarà proprio questo il tema del nuovo numero del settimanale OperationsManager, che sarà disponibile sul sito operationsmanager.it a partire dal primo pomeriggio di domani, venerdì 24 ottobre. L’inserto dedicato al mondo dei processi e dei loro architetti nelle fabbriche, edito da ItalyPost in collaborazione con auxiell e AzzurroDigitale, vedrà intervistate tre realtà (e tre dei loro protagonisti): Dradura, Licar e Mevis.
Su questo equilibrio tra autonomia e coerenza, Veronica Squinzi, amministratrice delegata di Mapei, all’interno della cornice delle Top Italian Companies, mette in fila il principio operativo: «Nella nostra realtà aziendale abbiamo un senso di grande imprenditorialità diffusa: un management locale che gestisce con ‘autonomia’ l’azienda perché conosce il mercato. In questo senso le procedure sono fondamentali: non devono bloccare l’azienda, devono farla andare avanti nella direzione giusta». Le procedure sono quella lingua franca che consente adattamenti rapidi senza perdere il disegno — «ci mettiamo in prima persona a comunicare con le nostre società creando veri e propri momenti di confronto» — e, soprattutto, evitano di dover risalire la catena verticale per ogni anomalia. La regia centrale coordina e abilita; i siti (sparsi per tutta Europa) decidono su ciò che conoscono meglio.
Se spostiamo l’obiettivo sul punto della filiera dove «l’instabilità è l’ambiente di lavoro», il discrimine tra fretta e velocità sta nella qualità dei circuiti di segnalazione. Qui la voce è quella di Gianmaria Tirotto, operations manager di Widem Logistics: «Un’organizzazione efficiente, per potersi definire tale, deve saper invitare le persone a segnalare i problemi. E questo non si fa (solo) con i team building: si fa tutti i giorni, quando il manager va nel reparto, chiede delucidazioni, pareri, consigli». Un ‘early warning’ operativo, legittimato, che accorcia la distanza tra evento e decisione: un’informazione che arriva prima e arriva giusta perché esiste un canale semplice per farla viaggiare. Dentro questo discorso sta anche un punto spesso frainteso quando si parla di persone e performance. Tirotto lo riassume con chiarezza: «I Kpi se li prefissa la persona; l’azienda può indicare la strada, allargare il ruolo, adeguare lo stipendio, ma la motivazione resta personale. Per questo ridurre la paura e invitare a segnalare i problemi in modo costruttivo non è un tema ‘soft’: è un meccanismo che trasforma il segnale in comportamento operativo».
E come la si aiuta a superare quella paura? La risposta resta nelle parole di Tirotto e nel modo in cui l’azienda costruisce la propria grammatica del decidere: «Deve essere l’azienda che aiuta il dipendente a dirlo», dando dignità e sbocco alla segnalazione; e ammettendo la manutenzione dal basso, perché «la possibilità di chiunque di dare un feedback negativo, anche se di poco, è fondamentale». E in questo modo, racconta sempre l’operations manager di Widem Logistics, «il segnale non chiede permesso», entra nel circuito e il sistema reagisce come un unico reparto.
Messo in fila, il percorso è lineare. Prima si rendono visibili le interdipendenze, perché ogni scelta locale ha un’ombra lunga su acquisti, produzione, qualità, logistica. Poi si posiziona la variabilità per creare margini di sicurezza o riserve mirate dove serve davvero e dichiarando chiaramente lo spazio di manovra vicino al flusso. Infine si scrive la grammatica dell’autonomia — chi può toccare sequenze, lotti, turni, scorte critiche; fino a dove; con quale escalation — perché la decisione corretta possa essere presa dove nasce il problema e il sistema la recepisca senza strappi.